Descrizione
La cultura è per sua natura sommamente precaria, incompleta, non ereditabile da nessun Dna. Non solo, ogni cultura comporta inevitabilmente una riduzione della complessità e contiene sempre in sé il germe di un qualche impoverimento: la cultura è sempre una coperta troppo corta rispetto alla complessità del mondo. Per questo motivo le culture non sono tutte uguali, tutte ricche o tutte povere allo stesso modo. Eppure la cultura ha rappresentato un indubbio vantaggio evolutivo per il genere umano, altrimenti votato all'estinzione.
È compito degli antropologi, che hanno fatto della cultura un loro concetto cardine, indagarne e svelarne gli aspetti problematici e i lati oscuri: in queste pagine, Francesco Remotti avanza l'ipotesi che sia giunto il momento di rivedere in profondità il concetto di 'cultura', restaurarlo e difenderlo oltre che criticarlo, così da trarre nuovi strumenti e indicazioni utili per l'antropologia e la nostra comprensione del mondo.
Note biografiche
Francesco Remotti, professore emerito di Antropologia culturale presso l'Università di Torino, socio dell'Accademia delle Scienze di Torino e dell'Accademia dei Lincei, ha compiuto ricerche etnografiche ed etno-storiche in Africa equatoriale e riflessioni teoriche sull'identità e la somiglianza, oltre che sull'antropo-poiesi. Tra le sue pubblicazioni, Noi, primitivi. Lo specchio dell'antropologia (Torino 1990). Per Laterza è autore di: Contro l'identità (1996); Prima lezione di antropologia (2000); Contro natura. Una lettera al Papa (2008); L'ossessione identitaria (2010); Cultura. Dalla complessità all'impoverimento (2011); Fare umanità. I drammi dell'antropo-poiesi (2013).