Descrizione
Che cosa vuol dire, dal punto di vista filosofico, essere evoluzionisti? Dove conduce, sotto il profilo speculativo, l’accettazione del principio darwiniano, secondo il quale «la differenza mentale tra l’uomo e gli animali superiori, per quanto grande, è certamente di grado e non di genere»? Fino a che punto l’adesione al principio evoluzionistico obbliga a ripensare in modo nuovo vecchi concetti sui quali si discute da secoli?
Se si crede nel principio evoluzionistico e si scarta ogni ipotesi di creazione, non ha più senso ragionare sulle vicende umane come se l’uomo fosse sempre esistito e avesse avuto fin dall’inizio le facoltà di cui oggi dispone. Queste doti, se l’uomo in principio non le aveva e le ha acquisite nel tempo, per via naturale, quale valenza hanno? E in che rapporto si trovano con la natura dalla quale si sono originate?
È chiaro che una parte di questa ricerca possono farla soltanto gli scienziati, gli unici in grado di esplorare i meccanismi del cervello umano, ma molte domande che l’uomo si pone vanno oltre i confini della scienza: di queste ci si occupa qui, valendosi, quando è possibile, dei risultati dell’indagine scientifica.
Note biografiche
Luigi Bianchi. Notista politico al «Giorno» e al «Corriere della Sera» – dove è rimasto venti anni – poi direttore di giornali regionali del Gruppo Repubblica-Espresso, ha lasciato il giornalismo all’inizio degli anni Novanta per tornare alla ricerca filosofica, riprendendo un percorso iniziato negli anni giovanili sotto la guida di Pantaleo Carabellese. Interessato allo studio dei comportamenti umani, dopo aver cercato una risposta negli scritti di Edmund Husserl, ha avviato una lunga riflessione sulla teoria evoluzionistica, rileggendola in chiave filosofica.