Descrizione
Dell'acqua, del pane e del vino, un po' d'olio, un gesto della mano possono simboleggiare qualcosa che li supera: il senso del nascere e del morire, il bisogno di comunione e di perdono. Fatti propri dal Dio che si è incarnato diventano capaci di far sperimentare la potenza del suo amore. Diventano '''sacramento''' per l'esistenza cristiana.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
La crisi dell’idea sacramentale nella coscienza moderna
Nell’attuale situazione spirituale, chi si pone a riflettere sul fondamento sacramentale dell’esistenza cristiana s’imbatterà subito in uno strano paradosso della vita spirituale odierna: da una parte la nostra epoca è stata denominata il secolo della chiesa; la si potrebbe chiamare peraltro con altrettanta ragione il secolo del movimento liturgico e sacramentale, in quanto la riscoperta della chiesa, avvenuta tra le due guerre, si basa a sua volta sulla riscoperta della ricchezza spirituale della liturgia della chiesa antica e del principio sacramentale. L’idea teologica forse più feconda del nostro secolo, la teologia misterica di Odo Casel, appartiene al dominio della teologia sacramenta-ria e, con una certa esagerazione, si può dire che dalla fine dell’epoca patristica questa branca della teologia non aveva più avuto la fioritura che le è toccato di avere nel nostro secolo in relazione alle idee di Odo Casel, le quali a loro volta debbono essere comprese solo sullo sfondo del movimento liturgico e della sua riscoperta dell’antico culto cristiano.
Ciò non costituisce tuttavia che una faccia della realtà. Il secolo del movimento liturgico e del rinnovamento della teologia sacramentaria, infatti, sta sperimentando nello stesso tempo una crisi della dimensione sacramentale, un’estraneità di fronte alla realtà del sacramento tale quale, con questa asprezza ed esasperazione, non era ancora dato di vedere all’interno del cristianesimo. In un tempo nel quale ci si è abituati a vedere nella realtà delle cose solo il materiale del lavoro umano, nel quale – per dirla in breve – il mondo viene inteso come materia e la materia come materiale, non rimane più spazio alcuno per quella trasparenza simbolica della realtà verso l’eterno, sulla quale poggia il principio sacramentale. In maniera un po’ sbrigativa e grossolana si potrebbe dire che l’idea sacramentale presuppone una comprensione simbolica del mondo, mentre l’attuale comprensione del mondo è funzionalistica: le cose sono viste soltanto come cose, come funzione del lavoro e dell’opera dell’uomo.
A partire da una tale prospettiva, risulta ormai incomprensibile come una ‘cosa’ possa trasformarsi in ‘sacramento’: l’uomo moderno è fortemente interessato al problema di Dio; anche il problema di Cristo lo interessa; ma i sacramenti sanno troppo di chiesa, appaiono troppo legati a uno stadio sorpassato della fede perché egli possa scorgere l’utilità di parlare ancora di essi. O non costituisce forse una pretesa il pensare che l’aspersione di un uomo con un po’ d’acqua debba essere qualcosa di decisivo per la sua esistenza? E che dire dell’imposizione delle mani del vescovo, chiamata confermazione, o dell’unzione con un po’ d’olio consacrato fatta dalla chiesa all’ammalato come ultima scorta lungo il cammino? Anche i preti cominciano a domandarsi qua e là se l’imposizione delle mani del vescovo, chiamata consacrazione sacerdotale, possa costituire il legame irrevocabile di una vita fino all’ultimo istante e se qui non sia sopravvalutata l’importanza del rito: al rito in ultima analisi non può essere subordinata l’esistenza che si rinnova ogni giorno, con il suo futuro sempre aperto, con le sue imponderabilità e le sue situazioni che irrompono in maniera sempre nuova.