Descrizione
«Se possiamo pensare l’universo, è perché l’universo pensa in noi».
Dalla primavera all'autunno: nella magnificenza delle stagioni più rigogliose François Cheng scrive queste sette lettere che mettono in risonanza paesaggi del presente, tradizioni di pensiero orientali e occidentali, ricordi di una giovinezza in Cina, affetti ritrovati. La destinataria è un'amica ricomparsa a distanza di decenni, un'artista che gli confessa di essersi accorta tardi di possedere un'anima, invitandolo a parlarne insieme. Dapprima esitante di fronte alla parola desueta «anima», Cheng risponde all'appello con la stessa grazia con cui in passato si è sporto su altri concetti abissali, come la bellezza e la morte. La «temerarietà» di accostarsi, oggi, a un simile argomento, si rivela una benedizione, per lui, per la sua interlocutrice e per i lettori, perché lascia riaffiorare in ciascuno qualcosa che sembrava perduto da tempo, il «sentimento intimo di un’autentica unicità e di una possibile unità». Agli occhi di Cheng, ancora pieni di meraviglia dopo una lunga esistenza, null'altro è l'anima se non il «segno indelebile» di quell'unicità incarnata, che sfugge al rigido dualismo corpo-mente e partecipa dell'universo vivente. Nel suo procedere a lieve arabesco, la scrittura indugia su taoismo e patristica, buddhismo e Simone Weil, ma si concede anche gli abbandoni della memoria: tutto – dottrine, filosofie e sprazzi di storia personale – converge verso l'anima, inesauribile aspirazione alla vita.
Dalla primavera all'autunno: nella magnificenza delle stagioni più rigogliose François Cheng scrive queste sette lettere che mettono in risonanza paesaggi del presente, tradizioni di pensiero orientali e occidentali, ricordi di una giovinezza in Cina, affetti ritrovati. La destinataria è un'amica ricomparsa a distanza di decenni, un'artista che gli confessa di essersi accorta tardi di possedere un'anima, invitandolo a parlarne insieme. Dapprima esitante di fronte alla parola desueta «anima», Cheng risponde all'appello con la stessa grazia con cui in passato si è sporto su altri concetti abissali, come la bellezza e la morte. La «temerarietà» di accostarsi, oggi, a un simile argomento, si rivela una benedizione, per lui, per la sua interlocutrice e per i lettori, perché lascia riaffiorare in ciascuno qualcosa che sembrava perduto da tempo, il «sentimento intimo di un’autentica unicità e di una possibile unità». Agli occhi di Cheng, ancora pieni di meraviglia dopo una lunga esistenza, null'altro è l'anima se non il «segno indelebile» di quell'unicità incarnata, che sfugge al rigido dualismo corpo-mente e partecipa dell'universo vivente. Nel suo procedere a lieve arabesco, la scrittura indugia su taoismo e patristica, buddhismo e Simone Weil, ma si concede anche gli abbandoni della memoria: tutto – dottrine, filosofie e sprazzi di storia personale – converge verso l'anima, inesauribile aspirazione alla vita.
Note biografiche
François Cheng, nato in Cina nel 1929, vive in Francia dal 1949 e dal 1977 ha adottato la lingua francese per i suoi scritti. Figura poliedrica di poeta, saggista, romanziere, docente, calligrafo e traduttore (ha tradotto in cinese i surrealisti, Baudelaire, Rimbaud, Char), è stato il primo asiatico a essere eletto all’Académie Française (2002). Tra i suoi libri: le raccolte poetiche De l’arbre et du rocher (1989) e Cantos toscans (1999); i saggi Entre source et nuage (1990), Et le souffle devient signe. Ma quête du vrai et du beau par la calligraphie (2001) e Œil ouvert et coeur battant. Comment envisager la beauté? (2011); i romanzi L’éternité n’est pas de trop (2002) e Quand reviennent les âmes errantes (2012). Ha ripercorso la sua vita e il suo pensiero negli Entretiens avec Françoise Siri, suivis de Douze poèmes inédits (2015). In traduzione italiana: Nell’eterno, l’amore (2005), Il dialogo (2003) e Shitao 1642-1707. Il sapore del mondo (1999). Presso Bollati Boringhieri ha pubblicato Cinque meditazioni sulla bellezza (2007), Cinque meditazioni sulla morte ovvero sulla vita (2014, n. ed. riveduta 2015), Assisi. Un incontro inaspettato. Con il «Cantico delle creature» di san Francesco (2015) e L'anima. Sette lettere a un'amica (2018).