Le mille voci dell’India

Editore:
Anno:
2002
Numero pagine:
184
ISBN:
9788820762605
DRM:
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Layout:
Non specificato

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Descrizione

Dall’India e dagli autori indiani sparsi tra l’Europa e le Americhe nel secondo Novecento ci è giunta una varietà straordinaria di romanzi e racconti che costituiscono la parte più affascinante della letteratura in lingua inglese del secolo scorso. Molti di questi autori sono ormai familiari al lettore italiano, da Salman Rushdie al Nobel V.S.Naipaul, da Anita Desai ad Amitav Ghosh, da R.K.Narayan a Vikram Seth. Di loro, e di altri meno noti ma spesso altrettanto sorprendenti, parla questo volume. Con passione e al tempo stesso con rigore critico, fornendo altresì un rapido profilo del contesto letterario da cui le loro opere sono sgorgate.Un padre obbediente di Akhil Sharma (pp. 140-141)“Gli emigranti italiani all’estero, almeno quelli che facevano capo ai vari circoli tricolore (spesso Fiamma tricolore) delle varie versioni di Little Italy, da Toronto a Oakland, da Sydney a New York, ricordavano e coltivavano la memoria di un’Italia che non solo nel frattempo era cambiata, ma che semplicemente non era mai esistita. La lontananza, la difficoltà di inserimento nel nuovo paese, la necessità di fare riferimento ai compaesani giunti prima di loro, faceva loro dimenticare che era la miseria che li aveva costretti a lasciare “l’amata patria”, di cui cantavano le bellezze e le virtù, soprattutto quelle sbandierate durante il fascismo, visto come un periodo glorioso, “perché quando c’era Mussolini l’Italia era rispettata e temuta”.Ancora adesso è spesso così. Ma bisogna anche dire che non solo ora, ma già negli anni Trenta e Quaranta c’era chi aveva un atteggiamento del tutto diverso e sapeva guardare con acutezza e precisione alle magagne (e alle infamie) del Paese che aveva lasciato. Non dico che per gli emigranti indiani valga lo stesso discorso. Certo è che, se può reggere il paragone, Akhil Sharma, l’autore di Un padre obbediente, farebbe sicuramente parte di questo secondo gruppo. Il ritratto che offre dell’India in questo suo romanzo d’esordio è di una durezza spietata, al punto da far pensare che ci sia sotto una trovata editoriale (…) L’India, che ama presentarsi come la più grande democrazia del mondo (la più grande per numero di elettori), viene ritratta qui come la più corrotta democrazia del mondo, dove tutto, dall’elezione dei deputati alla gestione di ogni aspetto della cosa pubblica, è retto sul sistema delle tangenti. E poiché grosso modo la cosa risponde a verità, possiamo immaginare l’indignazione e l’astio di un giovane “americano” la cui famiglia (s’immagina per trovare una vita migliore) ha lasciato quel paese corrotto quand’egli era bambino. Nel romanzo c’è anche la denuncia delle ambizioni imperiali di una dinastia, quella di Indira Gandhi, che già era presente nei Figli della mezzanotte di Rushdie. Tuttavia l’attacco, frontale, senza concessioni, è contro un “sistema”, contro un tipo di rapporto tra politici e cittadini che è assolutamente identico nei due partiti rivali, quello del congresso e il BJP.”



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Localizzazione

22.955633, 79.49697513