Descrizione
Nel 1919, poco dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, Karl Barth pubblica questa prima versione del celebre commento al capitolo 13 della Lettera ai Romani. La riflessione condotta sulle parole di Paolo, che diventerà uno dei testi più citati della teologia contemporanea, nasce dall’esperienza decennale come pastore a Safenwil, piccolo centro dell’Argovia, dove il teologo aveva congiunto al ministero religioso una decisa militanza politica. In questi anni, molto vicino al socialismo e militante attivo nel movimento operaio, Barth non cessa però di riflettere sulle ragioni e sui limiti dell’impegno politico di fronte a quello, assoluto e trascendente, rappresentato dalla fede. Il cristiano può – anzi, in determinate contingenze, deve – accettare lo Stato, ma questo non può mai esser tutto per lui, in quanto egli appartiene a uno «Stato superiore», infatti la sua libertà si fonda sull’indipendenza da qualsiasi ideologia o peculiare forma di governo. Prendendo le distanze dalla tentazione di ogni sorta di «Cristianesimo sociale», Barth ribadisce tuttavia la necessità di una formazione politica della coscienza, unita al dovere, per il credente, di lottare per la salvezza complessiva dell’umanità. Il seme gettato in queste intense pagine germoglierà nei successivi sviluppi del pensiero barthiano, e continua a essere un invito, non eludibile, a interrogare instancabilmente il rapporto, perennemente in tensione, tra fede e potere politico.