Descrizione
La parola più importante della nostra lingua è gentilezza. Che non c’entra nulla con le buone maniere, né con l’essere mite. L’uomo civile cui si riferiscono queste pagine non è l’eterno sconfitto, non rifiuta il conflitto. Lo accetta, invece, come parte inevitabile e proficua della complessità e della convivenza. Accetta il conflitto e lo pratica secondo regole, in una dimensione non distruttiva, umana. La gentilezza è una virtù necessaria a trasformare il mondo e a mettere in atto la giustizia. Per questo ha a che fare con il coraggio. Perché il coraggio è una dote del carattere ma anche dell’intelligenza. Consiste nella capacità di entrare in un rapporto razionale ed equilibrato con il pericolo e il rischio, gestendoli nei limiti in cui questo è possibile. In questo senso gentilezza e coraggio sono affini, hanno in comune innanzitutto la percezione dell’altro e della complessità del mondo. Quello su cui le vicende odierne ci portano a riflettere è che bisogna affrontare la vita accettandone l’ignoto, che si tratti di politica o di epidemie. Bisogna affrontare il rischio prendendo tutte le precauzioni sensate ma non quelle insensate, generate da un bisogno immaturo e pericoloso di governare l’ingovernabile, cioè l’incertezza. Non bisogna lasciare che la paura diventi una forza incontrollabile e distruttrice, ma trasformarla in uno strumento per cambiare le cose.