Descrizione
Questo lavoro, che si colloca al confine tra la storia della filosofia e la storia della scienza, analizza il costante interesse dimostrato da Gottfried W. Leibniz (1646-1716) per la nascente microscopia, che spalancò alla scienza moderna campi di indagine interamente nuovi. La più piccola goccia d’acqua rivelò un pullulare di creature invisibili ad occhio nudo, che estendevano la scala naturae ben oltre i limiti allora conosciuti. Leibniz, che fu sempre particolarmente sensibile, in ogni campo della sua attività teorica e pratica, a ciò che è infinitamente piccolo, non esitò ad utilizzare prontamente l’osservazione del microcosmo come supporto empirico del “nuovo sistema della natura” che andava elaborando: una sorta di atomismo vitalistico, noto anche come “monadologia”. In esso trovava una formulazione rigorosa la tesi che il mondo attuale realizza la massima varietà ordinata possibile, idea che Leibniz cercò di corroborare attraverso le nuove scoperte osservative, in un dialogo costante tra “scienza colta” e “saperi tecnici”, speculazione metafisica e risultati sperimentali.
Note biografiche
Alessandro Becchi è docente di Filosofia e Scienze Umane nella scuola pubblica. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Filosofia (Firenze, 2004) e uno in Storia della scienza (Pisa, 2015). I suoi interessi vertono sulla filosofia del linguaggio, la storia della logica, i rapporti tra storia della filosofia e storia della scienza. È autore di alcuni articoli su Łukasiewicz e su Leibniz. Attualmente si sta occupando del problema dei rapporti tra terzo escluso e fatalismo, in prospettiva storico-teoretica.