Beschreibung
Andrej Sinjavskij era soltanto la metà di una storia. L’altra metà si chiamava Julij Daniel’. Insieme, i due scrittori russi sfidarono il regime sovietico con l’arma più potente e più temuta – la parola – pubblicando i loro libri in Occidente. Insieme, a soli quattro giorni di distanza, furono arrestati dal Kgb e nel 1966 giudicati in un processo che diventò uno scandalo mondiale, il primo dopo la caduta di Chruščëv e delle illusioni riformiste. Per loro la condanna fu quasi identica, cinque e sette anni di carcere e lavoro forzato nel lager. Su entrambi, l’ultimo giorno del processo risuonarono le parole del giudice istruttore, la sua certezza impenetrabile: “Può darsi che fra vent’anni avrete ragione voi, ma per il momento sono io che ho ragione”. Poi il potere sovietico pensò di spezzare il filo di quell’amicizia intellettuale tanto profonda da trasformarsi in politica, e tanto forte da tradurla in opposizione: aprì a Sinjavskij la via dell’esilio, mentre Daniel’ restava confinato in patria, in una difficile partita a scacchi col potere. Lui, che dopo il campo era tornato a Mosca, non svolgeva alcuna attività sospetta. Ma la sua vita, il suo nome, la sua identità lo confermavano intellettuale per sempre e dissidente in eterno. Sul suo nome calò un’ombra. Lui, però, continuamente, tra sé e sé ripeteva: Julij Markovič Daniel’, scrittore e traduttore, già condannato per attività antisovietiche, uscito dal gulag, residente a Kaluga, vivente a Mosca, via Novaja Pisanaja, ingresso 3, piano secondo, appartamento numero 52. Tutto questo per colpa di due libri.